(scritto da Raffaele D’Agata) Il compito presente è riscattare la nostra democrazia dopo oltre vent’anni di inaudite umiliazioni. Per questo serve anche un partito nuovo. Ma prima dovrebbero esserci le azioni condivise che lo faranno vivere, ed essere ciò che sarà.
Esattamente settanta anni fa, la Resistenza italiana cominciava ad affrontare e sfidare l’impero della guerra e della paura edificato e imposto dai fascismi. Settant’anni dopo, è di nuovo paura, è di nuovo guerra (guerra di cui si parla, guerra che si finge di non vedere quando è lontano da noi, ma guerra ormai costante). Paura e guerra in un altro modo, un modo in cui (almeno per noi) l’elemento determinate è la menzogna piuttosto che il terrore. Ma si può restare veramente liberi a lungo, sotto il tallone della menzogna?
Esattamente settanta anni fa, la Resistenza italiana cominciava a Inchiodare con il suo coraggio i vecchi reggitori – in fuga dai loro palazzi – all’eterna vergogna della loro viltà. Apriva la strada, piena di sacrificio e di gloria, che avrebbe portato alla nascita della repubblica democratica, a una della più belle costituzioni del mondo, alle conquiste di civiltà e di giustizia di almeno due generazioni di italiane e di italiani. Ma adesso, in questo Otto Settembre, non saremmo degni di celebrare il ricordo di tutto questo se adesso non facessimo con determinazione tutto ciò che è necessario per riscattare la nostra democrazia: per salvare cioè innanzitutto quanto ne resta dopo oltre vent’anni di inaudite umiliazioni, e per restituirla quindi ricostruita al nostro futuro.
Le premesse ci sono, possiamo riconoscerle. Cinquecentomila firme (ormai siamo vicini) si sono accumulate in poche settimane di piena estate per ammonire i vili di oggi a non chinare la testa di fronte a chi ci vorrebbe privare (perché di ciò si tratta) della nostra costituzione: di fronte a chi vorrebbe stravolgere definitivamente la grande civiltà democratica che nacque, in Italia, dalla Resistenza. Queste centinaia di migliaia di donne e di uomini liberi possono diventare milioni. Possono interagire positivamente con la larga maggioranza di italiani che hanno ormai largamente delegittimato il sistema di partiti in finta competizione della cosiddetta seconda repubblica: questo sistema posticcio, artificiale, definitivamente screditato dalle infamie consumate in parlamento lo scorso aprile e dal susseguente patto scellerato che sostiene l’attuale governo.
C’è bisogno di dare vita a un partito nuovo, per questo? Da un lato, certamente, sì: di un partito nuovo abbiamo bisogno. Abbiamo cioè bisogno di un partito che sia nuovo rispetto alle strane cose cui si dà tale nome in Italia da vent’anni, che sia anche nuovo rispetto ai limiti delle esperienze passate nei primi decenni di vita della Repubblica, e tuttavia sappia raccogliere e rivitalizzare le loro indispensabili lezioni, attualizzandole. Ma, da un altro lato, un tale partito non si inventa intorno a un tavolo, (sebbene anche i tavoli servano). Un tale partito ci sarà quando ci sarà, cioè quando tutti vedranno che c’è prima ancora che sia formalmente costituito, mentre si staranno facendo le stesse cose, mentre si starà lottando per le stesse cose.
E una cosa preliminare e grossa da fare certamente adesso è non soltanto sbarazzarci di questo governo, che sopravvive ogni giorno solo svendendo un importante interesse pubblico dopo l’altro sotto il ricatto di un pregiudicato, ma premere sulle istituzioni affinché nessun altro ricatto funzioni, quindi affinché il paese sia portato a votare presto ma con una legge elettorale decente votata da una maggioranza e da un governo che abbiano il compito essenziale di farla. E una tale legge non può essere che rigorosamente proporzionale: tale cioè così da restituirci finalmente un parlamento che sia nuovamente sovrano, e rappresenti i cittadini cui la sovranità appartiene.
Intorno a quali segnali, che intanto noi saremo stati in grado di costruire insieme con tutti loro, si potranno allora riconoscere e raccogliere i cittadini sovrani? Non lo sappiamo ora, ma dobbiamo saperlo presto. Le lotte che ancora ci saranno e le risposte che sapremo cercare di dare insieme, contro l’emarginazione e il precariato, per la giustizia e la decenza, contro le grandi opere inutili e per la molte opere necessarie, per la pace, ce lo diranno, lo diranno a tutti.
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