Antifascismo, pace, riscatto

L’invito dell’ANPI a sfilare senza bandiere o simboli di partito, numerosi e silenziosi, offriva l’occasione giusta per soverchiare ed annullare l’ipocrisia e l’opportunismo minnitiani:  e così è ancora, come Viola Carofalo ha implicitamente suggerito nel suo chiarimento della pur complessa posizione assunta da Potere al Popolo circa l’appuntamento antifascista del 24 febbraio .  

Parafrasando ed estendendo una lucida intuizione di Jorge Mario Bergoglio, contraddittorio quanto provvidenziale e prezioso interprete odierno di quella contraddittoria ma fondamentalmente preziosa realtà che è la chiesa cattolica, si può osservare come un fascismo “a pezzi”, ma ben reale ed operante, sta accompagnando la “guerra mondiale a pezzi” che si sta svolgendo. Perciò la lotta per la pace, adesso, è inscindibilmente anche lotta antifascista: lotta che riceve dall’eredità dell’antifascismo storico motivi e valori fondanti, e nella contrapposizione al fascismo diffuso e anche subdolo di questo tempo può riconoscere buona parte dei suoi doveri.

Questa certezza, comunque si possa quest’oggi trovarsi materialmente fianco a fianco, unisce profondamente ogni spirito libero alle cittadine e ai cittadini, alle compagne e ai compagni, che oggi rispondono all’invito dell’Associazione Partigiani a scendere in piazza a Roma e in altre città italiane. All’ANPI, certamente, c’è ancora da muovere rimprovero per la sua recente arrendevolezza di fronte al diktat pseudo-securitario di Minniti e Renzi circa Macerata  il 10 febbraio scorso. E insieme c’è da rimuovere con cura tutto quanto possa indirettamente e involontariamente odorare di ritorsione nelle pur comprensibili riserve manifestate circa la partecipazione organizzata all’appuntamento di questo 24 febbraio. È vero, infatti, che Minniti e Renzi giocano in esso le loro carte elettoralistiche e mistificatorie. Bene tuttavia sarebbe stato e sarà ancora accentuare nei loro confronti un atteggiamento di egemone superiorità anziché di avvilente contrapposizione sullo stesso terreno che essi praticano.

L’invito dell’ANPI a sfilare senza bandiere o simboli di partito, numerosi e silenziosi, offriva l’occasione giusta per soverchiare ed annullare l’ipocrisia e l’opportunismo minnitiani, e così è ancora, come Viola Carofalo ha implicitamente suggerito nel suo chiarimento della pur complessa posizione assunta da Potere al Popolo. In politica l’ipocrisia (solo quella altrui, naturalmente!) merita sempre di essere usata e messa a frutto come omaggio reso dal vizio alla virtù.

Naturalmente il giudizio sul minnitismo non richiede per questo modifiche o edulcorazioni. Il minnitismo è parte integrante della “guerra mondiale a pezzi” che giustifica il presente ritorno (anch’esso per ora “a pezzi”) del mostro fascista. È infatti organico allo stupro e alla distruzione della Libia e perciò dell’Africa che il tristo binomio NATO-UE ha perpetrato nel secondo decennio di questo secolo, e a tutta la rete di violenti e criminosi intrighi che li precede, li accompagna e li segue: fino alla risposta militare e ipocritamente assassina al tragico contraccolpo delle migrazioni di massa.

Tuttavia non è l’urlo appagante, né il gesto violento e senza sbocchi, che possono mai fare parte della risposta a una tale sfida. È piuttosto la paziente quanto ferma costruzione del nuovo consenso e della nuova egemonia per il totale riscatto dell’umano (totale quanto la sua presente negazione tra i flutti del Mediterraneo e nei deserti che vi conducono): della redenzione  cui Walter Benjamin alludeva come altro nome della rivoluzione di cui la storia è gravida e assetata nel suo consapevole e sofferente cammino.

Raffaele D’Agata



Categorie:Uncategorized

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