Certamente, campagne elettorali ed elezioni sono soltanto una parte del lavoro, ma lo possono sia ostacolare sia favorire. E per quelle “europee” dell’anno venturo è bene prepararsi fin d’ora con idee chiare.
Alla forza che è nata quattro mesi fa nel Teatro Italia di Roma, e si prepara a ritornare là fra pochi giorni per guardare da una parte alla strada fatta e dall’altra a quella da fare, spetta la funzione di cominciare una storia nuova dopo l’ingloriosa fine di tutto ciò che ha avuto nome di “sinistra” negli ultimi venticinque anni. Non per fare, diversamente quanto si voglia pensare, “qualcosa di sinistra”. Il termine è ormai inguaribilmente corrotto e inservibile. Suona sospetto e irritante, oggi, alle persone comuni che vivono o vorrebbero vivere decentemente e semplicemente delle proprie capacità, e cercano in un modo o nell’altro di affermare i loro bisogni contro un sistema che le schiaccia.
Negli ultimi anni, e specialmente nelle elezioni italiane dello scorso 4 marzo, tali persone hanno creduto in massima parte di trovare il modo nel Movimento Cinque Stelle, cui hanno assegnato una vittoria sonante. Per moltissime di queste, che “Potere al popolo” ben potrebbe rappresentare, e che possono anche avere pensato per un momento di rappresentarsi in esso quando e se abbiano avuto modo di conoscere adeguatamente la nuova possibilità, sembra essersi trattato proprio di una scelta di “voto utile”. Numerosissimi sono gli esempi di ciò che quasi chiunque può avere notato nella cerchia delle proprie conoscenze.
E adesso? Gli scenari prevedibili si riducono a tre, nel futuro più vicino. O una più o meno diretta e variamente articolata e mediata combinazione tra i “due vincitori” del 4 marzo (il Movimento Cinque Stelle, appunto, e la stessa Lega), che ovviamente è il caso più deprecabile ed è infatti preferito non meno da Renzi che da Trump e dagli ideologi del cosiddetto rossobrunismo e dell’ultradestra). O una qualche riedizione delle larghe intese di tipo napolitaniano e montiano, necessariamente riveduta e corretta da acrobatici adattamenti, per esempio di tipo minnitiano, al nuovo peso condizionante del legofascismo). Oppure infine (caso relativamente più auspicabile) un monocolore del partito di maggioranza relativa (cioè i Cinque Stelle) che sia tollerato e reso possibile esternamente da un PD de-renzizzato e minimamente rinsavito. In tutti questi tre casi, “Potere al popolo” avrà un ruolo come forza di opposizione sociale chiamata a mettere in evidenza, rappresentare, organizzare. e affrontare, le ulteriori lacerazioni del tessuto sociale (ovvero le contraddizioni e le certe delusioni, nell’ultimo qui citato dei tre casi possibili) che sono prevedibili.
Per quanto poi sia stato giusto, e lo resti, sottolineare come campagne elettorali ed elezioni siano soltanto una parte – nemmeno prioritaria o determinante – dei compiti di un partito politico democratico e rivoluzionario, è anche vero che gli appuntamenti elettorali offrono sia importanti strumenti di verifica del lavoro sia occasioni per acquisire strumenti utili a farlo bene e adeguatamente. Perciò è bene già da adesso pensare al prossimo appuntamento elettorale nazionale che comunque ci sarà (con o senza l’abbinamento a nuove elezioni politiche), cioè quello per i rappresentanti italiani nel molto ornamentale ma non del tutto insignificante parlamento dell’Unione Europea.
Certo, il mito europeista è stato travolto in Italia il 4 marzo, e ha ragione chi vede in questo il primo fondamentale messaggio dato dagli elettori quel giorno, essendo strettamente legato alla liquidazione della pseudo-idea di “sinistra” post-Novecento (e altezzosamente e saccentemente anti-Novecento). Se si lavora bene su questo dato di realtà, ci sono anche le condizioni per trionfare finalmente anche dell’ “anti-europeismo” corrente, che è poi l’ombra di quel mito, in quanto lo subisce. Si può quindi lottare contro le manifestazioni dello Stato imperialista e capitalista (dagli F-35 al 2% e più per la cosiddetta “difesa” nel quadro della NATO, alle pratiche di dumping fiscale e sociale praticate direttamente o indirettamente ovvero tollerate e subite al di là e al di sotto di ogni giaculatoria liberista). Si può promuovere una riconversione del suo già altissimo tasso di sovranità da imperialista in democratico e sociale, e i valori dell’internazionalismo e della sicurezza collettiva (anche economica, in un contesto di cooperazione organizzata): e di conseguenza, sbarrare la strada del “pool” delle sovranità imperialiste che l’Unione Europea tende a diventare.
Raffaele D’Agata
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