Non è detto che l’ “Europa” e i salotti buoni della finanza non finiscano per digerire i “mini-Bot”, nella misura in cui l’idea di moneta parallela viene semplicemente rubata per sostenere politiche di destra.
La strana coppia Salvini-Di Maio potrebbe avere perfino successo nell’indurre gli arcigni interlocutori nazionali a ed europei a digerire il loro proposito di introdurre una forma di moneta parallela: ossia, un genere di strumento – in sé né cattivo né buono – che tipicamente serve ad aggirare il vincolo insuperabile di un cambio esterno rigido della moneta ufficialmente adottata ad ogni effetto. Finché ciò serva non tanto né soltanto per “pagare i debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini” (come i Dioscuri amano enfatizzare al fine di coltivare le loro diversamente fortunate aree di consenso), ma innanzitutto a sostenere politiche accentuatamente liberiste e “supply-sided” come la tassazione piatta, una riserva di benigna condiscendenza da parte dei guardiani della presente ortodossia economica può infine anche rivelarsi disponibile.
Qualcosa di abbastanza simile, per l’appunto, accadde nel primo periodo del regime nazionalsocialista in Germania: quando, cioè, l’élite finanziaria britannica e internazionale (e perciò anche tedesca) fece buon viso alle spregiudicate acrobazie monetarie ideate dal celebre “mago” Hjalmar Schacht, che Hitler aveva chiamato nel suo governo a onorare la cambiale firmata a favore di quel mondo onde ricevere da questo la luce verde sulla strada del potere (ossia l’impegno di non svalutare). Non uno, ma svariati generi di moneta parallela, aventi ciascuno un ruolo molto rilevante, uscirono allora da quella fervida mente. E, tecnicamente, furono operazioni riuscite. La spesa pubblica tedesca aumentò vertiginosamente oltre la “cinghia” imposta dai conservatori ortodossi (e tollerata con convinzione dalla socialdemocrazia) nel crepuscolo di Weimar. Il regime ebbe consenso, e “successi” in politica estera (dalla rimilitarizzazione della Renania all’annessione dell’Austria e poi dei Sudeti) non gli furono negati dagli interlocutori internazionali. In effetti, lo strumento della moneta parallela era stato messo al servizio di una politica aggressiva e bellicosa ispirata da un’ideologia cupa e criminale, nonché al servizio di un patto sociale che aveva come principali beneficiari i ceti proprietari in quanto diretti o indiretti datori di lavoro, cui erano risparmiati fastidi come le elezioni e i sindacati in cambio di piccoli sacrifici in termini di potere e di coerenza ideologica.
Facendo in qualche modo propria adesso l’idea di moneta parallela (che in modo altrimenti serio, ma inascoltato come spesso, era stata teorizzata a suo tempo dal mai abbastanza rimpianto Luciano Gallino), i Dioscuri applicano insomma nuovamente la strategia già adottata da Benjamin Disraeli, che questi descriveva come “sorprendere i whigs mentre fanno il bagno e filarsela con i loro vestiti”. Peccato che adesso i “whigs” della situazione, ossia le confuse e sparse reliquie di quella che fu una “sinistra” in Italia, non abbiano mai veramente indossato quei vestiti. Per i Dioscuri, è bastato rovistare a modo loro in qualche baule abbandonato e dimenticato.
Raffaele D’Agata
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