Balla con gli orsi

Prima e indipendentemente da ciò che sta accadendo, perché si dà per ovvio, da un decennio, che la Russia è comunque e pregiudizialmente il Nemico?

Raffaele D’Agata

Non occorre essere eccezionalmente distratti, forse, per percepire una forte carenza di motivi addotti onde illustrare e descrivere la posizione quasi pregiudizialmente contrapposta alla Federazione Russa che i paesi del mondo euro-atlantico, con in testa gli Stati Uniti, hanno costantemente tenuto con picchi e avvallamenti di tensione da circa un decennio. Può essersi trattato di questioni di principio, anche se nel campo delle relazioni tra gli Stati lo scetticismo su ciò è sempre necessario, almeno guardando alla base dei fatti.

E sulle questioni di principio (o, se vogliamo, giudizi morali) si poteva certamente pescare a piene mani tra gli orrori della guerra cecena durante gli anni zero (un baratro puzzolente di petrolio, impossibile da pensare senza riferirsi a un noto aforisma di Sant’Agostino sviluppato magistralmente da Charles Tilly in un breve saggio intitolato freddamente “War Making and State Making as Organized Crime”). Ma su quel tremendo scenario gli stessi soggetti, forse per non rischiare di implicare pericolosi dossier riguardanti proprio loro, si tenevano cinicamente alquanto prudenti in quel periodo. Oppure si è trattato, di fatto, di oscuri episodi criminali, e in particolare di pallottole sulla stampa sospettate di recare la firma del potere; e, senza cercare invano di appurare i fatti, qui si può anche semplicemente pensare a come questa Italia dalla corta memoria potrebbe essere giudicata pregiudizialmente (appunto) facendo i nomi, per dirne due, di Mauro De Mauro e di Mino Pecorelli.

Allora? Intanto, altra cosa da non dimenticare è che Vladimir Putin spiccava nella foto di gruppo del G8 di Genova nel 2001 mentre l’internazionale dei Ricchi vi celebrava anche con il sangue e la tortura il decennale del suo trionfo mondiale. Questo è abbastanza essenziale per comporre il quadro almeno complesso riguardante il ruolo del protagonista che abbiamo davanti. Il punto è che la potenza sconfitta (di cui Putin aveva recentemente preso la guida allora) era stata in tal modo premiata per i diligenti compiti a casa eseguiti dal suo predecessore sulla sofferenza del suo popolo e anche con bombe sul Parlamento. Dopo di che, sospetti cominciarono a insinuarsi guardando al diverso stile con cui il nuovo leader si muoveva entro il blocco sociale dominante della Russia post-sovietica, ossia la cleptrocrazia degli oligarchi, includendone alcuni a corte e reprimendone altri in un equilibrio diverso e tutto sommato più decente (sulle orme di Pietro il Grande e di Luigi XIV).

La svolta ha luogo nel 2011, anno delle tradite, corrotte, infiltrate e stuprate “primavere arabe”, e specificamente, per quanto interessa qui, di quella siriana. E qui si deve dire che l’unico crimine sicuramente non commesso dalla potenza mondiale guidata da Putin, a differenza di quelle da cui viene giudicata (e specialmente a differenza della maggiore tra queste) è la pratica di alleanze più o meno aperte con il fanatismo assassino organizzato e scatenato contro ogni minimo anelito di progresso e di libertà, nel lungamente infelice Medio Oriente, in un complicato intreccio tra classici “divide et impera” di vecchie e nuove potenze imperiali, finanza sotterranea, narcodollari e petrodollari, in piena continuità con il massiccio impiego di questa arma nell’ampiamente internazionalizzata guerra civile afghana durante gli anni Ottanta. A Mosca non sarebbe stato mai più perdonato avere “salvato” Assad, anch’egli trasformato all’improvviso da stimato partner in sanguinario assassino proprio mentre le nervose reazioni dei suoi apparati di sicurezza alla “primavera” sembravano cedere il passo a legittimi processi di riforma che sembravano aprirsi comunque entro la preziosa cornice di laicità e pluralismo culturale che in qualche modo esisteva (pur con pesanti limiti correlati con i veleni e il caos infuocato permanentemente iniettati in quella infelice parte del mondo dall’imperialismo vincitore nella prima guerra mondiale). Ed ecco allora nuovi “combattenti per la libertà” dai mantelli neri e sotto bandiere nere, armati e scatenati. Quali che fossero le ragioni (al minimo, certamente, l’empirica impossibilità di gestire fenomeni simili essendo a propria volta un paese largamente islamico in molte sue parti anche dopo la fine dell’URSS), la Russia in ciò non stava al gioco e disturbava: non si poteva perdonarla.

La punizione, tre anni dopo, si chiamò Maidan: una cosca di cleptocrati scatenata contro quella al potere, rea (tra le altre vere colpe) di non disturbare abbastanza il nuovo nemico da punire, e ogni genere di delinquenti e provocatori sapientemente infiltrati, come già nelle “primavere” al di là del Mediterraneo, per cogliere utilmente l’occasione di un moto popolare di libertà, corromperlo, sequestrarlo, e ottenere risultati. E il risultato è una guerra: una guerra cominciata otto anni fa, non adesso.



Categorie:Uncategorized

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