Una modesta proposta per allargare veramente la NATO, ma cambiandole nome e scopo.
Raffaele D’Agata
Michail Gorbaciov avanzò l’idea dell’adesione dell’URSS alla NATO (non era la prima volta: già Malenkov lo aveva fatto nel 1954), durante la visita che Bush Senior effettuò a Mosca il 30 luglio 1990, senza ottenere dall’ospite là per là alcuna risposta chiara; questi però preferì farla arrivare domandando a un alto ufficiale della delegazione sovietica come questi avrebbe considerato la prospettiva di sottostare a un comandante americano. La scopertura delle carte cominciava. Doveva semplicemente trattarsi, da tutti i punti di vista, e soprattutto sotto l’aspetto economico e sotto l’aspetto strategico strettamente collegati, di una resa incondizionata e non della pace negoziata finalmente cercata da Gorbaciov (e soprattutto dai suoi discutibilissimi esperti e consiglieri) sicuramente tardi, o anche, forse, troppo presto (comunque, nella fase storica meno appropriata, se mai).
Non poteva essere diversamente, mentre a Washington si andava elaborando un documento intitolato “Defence Planning Guidance” intanto per il quinquennio 1994-1999 (cioè appunto fino all’anno dell’aggressione contro la Jugoslavia), che è stato fondatamente paragonato al documento numero 68 emesso nel 1949 dal National Security Council (“NSC-68”): ossia più o meno alla Bibbia o Corano della guerra fredda. Il nocciolo era che gli Stati Uniti dovevano preservare con ogni mezzo la capacità di combattere e vincere contemporaneamente guerre da condurre su almeno due teatri regionali e mantenere capacità militari globali sicuramente superiori a quelle di qualunque potenziale avversario o possibili coalizioni di avversari (implicando che il “nuovo ordine” comportava innanzitutto averne) e a tal fine non diminuire nella nuova situazione, ma al contrario aumentare, la spesa militare (cosa che gli alleati ricchi sarebbero stati trascinati a finanziare oltre ogni pur motivata prudenza contabile scatenando ad ogni costo una guerra di enormi proporzioni e di gigantesco “fatturato” contro una ex-pedina opportunamente tratta in inganno e attirata in trappola).
“La guerra continua”, insomma, avrebbe anche potuto essere il motto. Continuavano anche infatti (del resto) gran parte dei patti con il diavolo già stretti e praticati per vincere, incluse le varie ramificazioni della piovra islamista già incubata, alimentata e scatenata, onde (appunto) “vincere” ad ogni prezzo il confronto globale: e continuarono per qualche tempo dall’Afghanistan stesso al Caucaso ai Balcani, fino a quando equivoci, e sgarri, e/o molto altro, non portarono alla svolta delle Torri Gemelle.
A meno che non si ritenga che natura delle cose non sia, vichianamente, loro nascimento, da ciò bisogna cominciare in ogni sforzo di capire dove adesso stiamo. Poi, naturalmente, si giudica ciò che adesso accade come la coscienza (essa sola, si spera sempre) a ciascuno detti. Con il dovere, sempre da compiere, di pensare, con tutte le forze che il pensiero può raccogliere, dove da qui, mentre armi e pesti e veleni incombono mortalmente sul futuro prossimo del genere umano.
Si vuole che questa bella d’erbe famiglia e d’animali, sotto l’impatto rapido e combinato di questi tre fattori, cessi di esistere per sempre, infinitamente prima che (in tempi, appunto, astronomici, che sarebbero invece anche normali) il sole esploda? O nella folta schiera di potenziali imputati come criminali di guerra spesso sorridenti, che il recente passato ha messo in mostra specialmente durante gli anni qui ricordati fino ad oggi, vogliamo individuarne e isolarne soltanto uno (se del caso), soltanto adesso, e per sempre, onde rendere impossibile una pace negoziata e cercarne ad ogni costo una di tipo cartaginese come quelle del 1919-20 e del 1990-91? (Quella del 1945, che fu innanzitutto la comune liberazione dell’umanità da un incubo infernale, tragica e contraddittoria certo, anche trascinando analogie riferibili a quella precedente, ma a differenza di questa capace anche di progetto e di novità, fa storia a sé: una grande storia troppo presto interrotta nel suo possibile sviluppo).
La NATO non aveva alcuna ragione di continuare a vivere fuori del contesto in cui nacque e nel quale, contro qualunque intenzione, ebbe oggettivamente un suo ruolo che giocava anche a favore della possibilità di respirare e di guardare comunque più lontano. Scomparso quel contesto, è sopravvissuta più o meno come i vampiri: e in effetti (così come non “poteva” accadere in precedenza) si è largamente nutrita di vero sangue. Allargarsi ancora? Certo. Diventando universale, e cambiando il proprio nome in quello di Organizzazione delle Nazioni Unite per la Sicurezza Collettiva e il Disarmo. Ho un sogno? Sì. Ne ho più di uno, anzi. Perché, oggi più che mai, avere seriamente dei sogni, e lavorare seriamente per essi, è l’unica ragione di vivere e anche di sperare di vivere. Perciò è molto realistico.
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