Ciò che l’On. Conte sta facendo e dicendo pone questioni la che Unione Popolare dovrà saper trattare con equilibrio pari alla necessaria radicalità della sua visione e dei suoi compiti.
Raffaele D’Agata
La peculiarità italiana costituita dal Movimento Cinquestelle, e particolarmente l’indirizzo critico che l’On. Conte ha recentemente assunto nei confronti del consenso atlantico oggi dominate nel conflitto contro la Russia, tengono aperta una questione politica molto seria, dalla cui corretta soluzione gran parte del futuro di Unione Popolare sembra oggi dipendere. Bisogna prendere atto, specialmente ora che campagna elettorale ed elezioni sono alle nostre spalle, che la svolta estiva dello scenario politico italiano ha profondamente modificato il contesto entro cui il progetto di Unione Popolare era stato avviato. Lo spazio per la sfida al consenso dominante tanto sulla guerra quanto sulla cosiddetta agenda del governo Draghi si è bruscamente ridotto, essendo occupato in parte piuttosto grande (almeno per l’opinione pubblica, e certamente per l’elettorato) dall’abile ma non irrilevante dissociazione dell’On. Conte e dei suoi e dal loro passaggio all’opposizione tanto in politica estera quanto su importanti temi di politica economica, sociale e fiscale.
I più recenti giudizi del neo-statista pugliese sulla guerra suonano infatti tra i più sensati e coraggiosi tra quanti il personale politico di governo – attuale, o “emerito”, o normalmente potenziale – abbia dato finora, tanto da equivalere abbastanza a quelli che la Signora Merkel ha contemporaneamente sentito la necessità di esprimere (in coincidenza più o meno fortuita con qualche primo gesto di coraggio e di autonomia da parte del Parlamento di Berlino e ormai, sembra, dello stesso Governo in quella capitale). L’idea di una Conferenza internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite si oppone infatti al demente inseguimento di una “vittoria” militare da parte della NATO, politicamente ancora più indefinita (se mai definibile), e più avventurosamente caotica, di tutte le sue “vittorie” già viste. Almeno sotto questo aspetto, dunque, il “fattore Conte” si presenta adesso all’opposizione antisistemica in termini non troppo dissimili da quelli in cui un “fattore Giolitti” si presentava al movimento operaio italiano immediatamente prima, durante, e immediatamente dopo, la tanto simile Prima guerra mondiale: in un modo o nell’altro, cioè, piuttosto qualcosa su cui fare leva (come allora non fu possibile, o forse non si seppe fare) ch qualcosa da fronteggiare.
Questo per quanto riguarda sviluppi recentissimi. Più a fondo, aspetti determinanti della questione si presentano molto complessi, e non permettono di proporre soluzioni semplici né immediate. Non sembra possibile cioè discutere del futuro contegno di Unione Popolare nei confronti del Movimento Cinquestelle, né quindi degli spazi da riconoscere e dei compiti da svolgere in una situazione influenzata dalla presenza di questo, senza tenere conto delle distorsioni in senso leaderistico, e ampiamente manipolato, di ciò che era in Italia la democrazia rappresentativa. Tali caratteri del “sistema politico” si sono fortemente consolidati nel corso degli anni dieci, proprio cioè di quelli il Movimento Cinquestelle è riuscito stabilmente ad entrare, quasi dal nulla, a farne parte. Come aspirante formalmente simile nuovo attore, Unione Popolare deve fare i conti con ciò, mentre certamente e comunque non può in alcun modo annacquare entro il contesto dato la propria missione, cioè quella di attaccare le radici profonde dell’ingiustizia. Giusta, quindi, è stata la sua scelta di sfidare regole fraudolente nelle recenti improvvise, frettolose e arbitrarie elezioni parlamentari anticipate, giacché il non farlo (o, peggio, l’affrontarle mediante confusioni entro il contesto dato) avrebbe significato semplicemente rinunciare a vivere non appena nati. Quella che intanto appare come la prospettiva di un periodo abbastanza lungo senza emergenze analoghe (fino alle elezioni dette europee del 2024) permette comunque di lavorare a un intenso sviluppo della presenza di Unione Popolare, del suo radicamento, e della sua riconoscibilità come attivo e coerente strumento di difesa e promozione degli interessi più largamente e popolarmente condivisi. Le prevedibili contorsioni della dialettica parlamentare, ossia degli equilibri tra le consorterie di Montecitorio e di Palazzo Madama (tanto simili, nell’attuale effettivo regime, a dinamiche che erano usuali nei Parlamenti italiani di oltre un secolo fa), offriranno certamente tanto occasioni di netta distinzione e denuncia di fronte all’opinione pubblica e al sentimento popolare, quanto forse di giudiziosa utilizzazione di opportunità al fine di migliori futuri equilibri (o semplicemente contesti e piattaforme migliori) nella società e nelle istituzioni.
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