Così come nel primo discorso parlamentare dell’On. Conte, anche nelle intenzioni manifestate dal Coordinamento 2050 non c’è nulla che non possa essere condiviso. Non per questo si può trascurare l’importanza di ciò che manca in entrambi.
di Raffaele D’Agata
Ciò che si muove attualmente in direzione di una politica democratica capace di reagire alle tendenze in atto, e di mirare a invertirle, sarà tanto più in grado di avanzare verso la meta quanto meno si lascerà influenzare da immediate esigenze di genere elettorale. Le regole elettorali esistenti non sono fatte certamente per aiutare, e tutto ciò che è accaduto intorno al fatale 25 settembre lo ha dimostrato ampiamente. Le elezioni locali prossimamente in calendario (nel Lazio e in Lombardia) dovrebbero essere fronteggiate, intanto, considerando innanzitutto la necessità di neutralizzare questo rischio. Tanto più che le Regioni (così come sono state plasmate dalla non troppo piccola catastrofe che fu la cosiddetta “riforma” del Titolo V della Costituzione) sopravanzano largamente lo stesso Stato nazionale, con le regole elettorali che si sono date, in termini di post-democrazia. Non è male che, almeno finora, se ne parli poco, mentre la presente situazione politica del paese, nel contesto di una crisi bellica di dimensioni globali, sfida a trovare la giusta strada da seguire entro una fitta e cupa caligine.
Prima di stabilire qualunque cosa in relazione a quelle “minori” scadenze elettorali, insomma, bisogna ragionare sugli essenziali e importantissimi elementi di novità che ci stanno di fronte dopo la svolta del 25 settembre. Riassumendo, queste sono: la frana sempre più veloce e disordinata, tendenzialmente dissolutiva, del Partito democratico; la nuova vitalità del Movimento Cinquestelle, strettamente associata con l’almeno tendenziale assunzione di un ruolo di forza riformista radicale e di democrazia sociale; l’attacco previsto, da parte della falsa ma formalmente solida maggioranza di centro-destra, al cuore stesso (dal punto di vista istituzionale, se non ancora formalmente dal punto di vista dei principi fondamentali, violati comunque nella sostanza) della Costituzione; l’aiuto determinante che Renzi e compagnia si dichiarano disposti a fornire a tale scopo.
Conviene innanzitutto ragionare sul secondo degli elementi appena elencati. In particolare, sull’ampio ventaglio di adesioni al “Coordinamento 2050” lanciato da Stefano Fassina come progetto di ricomposizione di una Sinistra che abbia la nuova collocazione del Movimento Cinquestelle come punto di riferimento. Il discorso pronunciato alla Camera dall’On. Conte nel corso del dibattito sulla fiducia al Governo Meloni sembra avere corrisposto tempestivamente e abbastanza credibilmente a tale suggerimento, avendo avuto tono e contenuto cui, dall’interno di Unione Popolare (e perciò, più modestamente, dall’interno di questo blog) c’era sì naturalmente da aggiungere qualcosa (anche importante) ma sostanzialmente nulla da cambiare.
Per Unione Popolare, poche settimane dalla sua prima assemblea nazionale, e a pochi mesi dal suo congresso costituente, un importante tema da trattare e da chiarire è il rapporto che sia da instaurare e da sviluppare con il Coordinamento 2050. Certamente, è innanzitutto verso il proprio consolidamento organizzativo, e verso un sempre più esteso e profondo radicamento nell’area sociale che ha la missione di rappresentare in primo luogo, che Unione Popolare è chiamata adesso ad agire. Riflessioni molto approfondite, molto vigili, e molto creative, saranno poi comunque domandate dall’alto grado di fluidità della politica italiana nei prossimi mesi e nei prossimi anni, dai connessi gravi pericoli, ma anche dalle inedite opportunità che possono profilarsi.
Così come nel citato recente discorso parlamentare dell’On. Conte, anche nelle intenzioni manifestate dal Coordinamento 2050 non c’è nulla che non possa essere condiviso. Non per questo si può trascurare l’importanza di ciò che manca, in entrambi i casi. Specificamente, cioè, parole chiare circa l’illegittimità democratica delle autorità di Bruxelles e un conseguente rifiuto di lealtà “costituzionale” nei confronti di queste, con riserva di disubbidienza a quanto di inaccettabile ne possa provenire (sebbene al di qua di mosse formali nei confronti dei Trattati detti europei, le quali sarebbero scarsamente efficaci comunque in tempi brevi e inoltre sicura causa di pericolose e controproducenti trappole); e, per quanto riguarda la politica estera, una critica del consenso atlantico che non si limiti a singole scelte ma scenda in profondità fino a toccare i criteri permanenti che coerentemente le ispirano, e sono inscritti nella struttura profonda e nell’identità stessa della NATO presente e attuale (qualunque cosa possa e debba scaturire da ciò).
Le scelte da fare in relazione con le modificazioni che il sistema politico italiano presenterà a medio termine da oggi non possono essere previste chiaramente né tanto meno discusse ora. Per quanto riguarda il suo aspetto istituzionale, non si può prevedere entro quanto tempo la Corte costituzionale deciderà circa il ricorso pendente contro la vigente legge elettorale, né quanto una giusta decisone, se sarà tale, possa rimediare e correggere per ciò che riguarda il titolo a toccare la Costituzione da parte dei rappresentanti di una reale minoranza della nazione. Naturalmente, poi, il pieno recupero della libertà di organizzazione e di rappresentanza politica è strettamente associato con l’ipotesi del ritorno al sistema elettorale proporzionale, cioè a qualcosa che è impossibile aspettarsi da questa specie di Parlamento e comunque non a breve (e perfino medio) termine.
Nemmeno, per ora, si può prevedere quanto il possibile sviluppo di un soggetto politico ispirato nel senso della democrazia sociale, e radicalmente riformatore (sulle non compiante ceneri del PD e del centrosinistra che abbiamo purtroppo conosciuto, e secondo l’ipotesi del Coordinamento 2050), sia in futuro contendibile ossia “scalabile” da parte di un movimento antisistemico come Unione Popolare, secondo l’esempio offerto da ”Momentum” in Gran Bretagna nella seconda metà degli anni Dieci. La sola certezza, per ora, è che l’autonoma organizzazione di una forza antisistemica come Unione Popolare è innanzitutto necessaria come strumento al servizio della conflittualità sociale, e questo appare (a breve scadenza) anche il solo senso della stessa partecipazione alle imminenti elezioni locali. Più in là, il suo modo di interagire con i fatti, e di influirvi, dipenderà anche dai fatti che effettivamente accadranno.
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